La Fede Nei Potenziali Umani


La Globalità dei Linguaggi
Questa disciplina è sia una filosofia di vita che un metodo pedagogico-terapeutico volto a favorire la comunicazione e l'espressione attraverso i molteplici linguaggi umani, di cui conosciamo ancora poco. Si basa sull'approfondimento scientifico di aspetti che si interiorizzano non semplicemente osservandoli, ma praticandoli. In questo contesto, l'importanza del "fare" assume un ruolo centrale nel modo in cui percepiamo e interagiamo con le diverse arti. Ogni persona esprime una creatività immaginativa unica, ma questa creatività deve essere condivisa e scambiata con gli altri.

I Potenziali Creativi
L'obiettivo etico e morale è il diritto di essere autenticamente se stessi, non secondo le aspettative dei genitori, della società o del mercato del lavoro, ma secondo ciò che ci si porta dentro fin dalla nascita. Questa disciplina ci aiuta a riconoscere i nostri potenziali creativi, anche nella trasformazione di esperienze considerate negative, come il dolore, la sofferenza o la paura. Spesso, questi potenziali emergono solo in situazioni di crisi, e sono parte della nostra naturale capacità di improvvisare, di creare teatro, di vivere la vita come una continua sperimentazione.
L'improvvisazione è vitale nell'arte di vivere. Un esempio semplice è il rapporto tra una madre e il suo bambino: dopo pochi giorni, la madre inizia a comprendere le diverse ragioni del pianto del neonato. Questo sviluppo avviene attraverso l'interpretazione, un processo che oggi si spiega con il concetto di neuroni specchio, ma che l'umanità conosce intuitivamente da sempre.

Il Principio di Piacere
Ogni essere umano nasce da un momento di intensa espressione ritmica, un’esperienza catartica che rappresenta la generosità della vita. Questo ritmo primordiale, come quello dell'orgasmo, è alla base di molte tradizioni culturali universali, come le feste, i fuochi d'artificio, e le celebrazioni che coinvolgono cibo e danza. Questi rituali incarnano un archetipo universale di abbondanza e generosità, che riflette la complementarità e l'unione dei genitori.
Nel processo creativo, come in un dipinto, la bellezza di un colore si esalta quando è accostato ad altri: il giallo accanto al viola, o un lumicino arancione in un paesaggio innevato. Questa armonia cromatica simboleggia la ricchezza della vita e della natura umana. La scienza moderna, con i suoi 150 anni di storia, ha dimostrato l'importanza della placenta e del principio del piacere che ci accompagna fin dalla nascita. Veniamo al mondo plasmati da un ambiente armonico e piacevole, dove il liquido amniotico, ricco di endorfine, ci protegge e ci nutre anche nei momenti di sofferenza. Questo principio di piacere è la base di quella che chiamo "globalità dei linguaggi", un concetto che ci guida nella comprensione profonda di noi stessi e delle nostre capacità creative.

Spirito Vitale
Lo spirito vitale è innato e profondamente radicato in ogni essere vivente, spingendoci a sopravvivere a tutti i costi. Il suicidio, invece, si dovrebbe manifestare solo in situazioni estreme, dove l'ambiente non fornisce più gli strumenti necessari per vivere. È un fenomeno raro nelle altre specie animali. Tuttavia, riflettiamo su quanto sia aumentato il tasso di suicidi giovanili nelle società più avanzate. Questo ci porta a considerare quanto sia importante rivalutare e rafforzare lo spirito vitale che esiste in ciascuno di noi, uno spirito che, in un certo senso, è in attesa del placet, un consenso alla vita che abbiamo già ricevuto come dono.
Noi esseri umani, nella nostra primissima forma, eravamo un agglomerato di cellule, una morula, che non aveva capacità di movimento autonomo, ma era completamente in simbiosi con l'ambiente che la circondava. Il primo processo vitale è proprio l'attività dell'annidamento, il crearsi un nido. Pensiamo alla perfezione del nido costruito dagli uccelli: una struttura che riesce a combinare in modo straordinario pagliuzze, fili di lana, e altri materiali per creare un ambiente sicuro e confortevole. È un'opera d'arte naturale, un esempio di come la vita si organizza per proteggere e contenere.
Poi vediamo l'essere umano, consapevole della propria mortalità, che razionalmente accetta l'idea della morte e prepara la propria bara, rivestendola di raso, una stoffa liscia e morbida che richiama la carezza del liquido amniotico. È un tentativo di ricreare quel senso di contenimento e sicurezza che abbiamo conosciuto nel grembo materno. Questa consapevolezza razionale è solo una piccola parte di noi, poiché il desiderio umano di capire è infinito. Conoscere significa delimitare, comprendere un pezzetto alla volta, ma la nostra sete di sapere è insaziabile. Come Socrate, siamo consapevoli di sapere di non sapere, e questa consapevolezza ci impone un'enorme umiltà, soprattutto di fronte alla saggezza innata di un bambino, che porta con sé una memoria genetica ancestrale.

Il Diritto di Aborto
Questa saggezza ci ricorda l'importanza di rispettare la prima cellula di vita, e qui emerge una riflessione sulla condizione femminile. Come donna che ha lottato per le conquiste femminili, riconosco anche il peso delle contraddizioni e delle sfide che l'emancipazione ha comportato. La maternità non è solo una questione fisica, ma anche psichica, e un figlio non è semplicemente un'appendice, ma una parte profonda di sé. La solitudine che molte donne affrontano nel prendere decisioni difficili, come l'aborto, può trasformarsi in una ferita psicologica permanente. Un bambino non nato può continuare a vivere nei sogni della madre, lasciandola a confrontarsi con la propria psiche in un processo di auto-mutilazione emotiva.
La libertà di scelta e autonomia può sembrare un grande passo avanti, ma talvolta nasconde una forma di asservimento del femminile al patriarcato, che continua a essere presente nella nostra cultura e nelle leggi.

Mischiare le Diversità
In me c’è una profonda ribellione nel difendere i più deboli, soprattutto chi è completamente dipendente dalle decisioni altrui per sopravvivere. È sconcertante, ad esempio, che in alcune società del Nord Europa si vanti il fatto di non avere più bambini con la sindrome di Down, grazie alla prevenzione prenatale come l'amniocentesi. Come possiamo lottare per la sopravvivenza del koala ma non per quella di un bambino Down? E allo stesso tempo parlare di leggi di integrazione che dovrebbero garantire pari diritti e dignità per tutti?
Ogni essere umano è unico e la nostra specie, da un punto di vista fisiologico, biologico e culturale, è ricca di creatività, anche nelle modalità di cura e sostegno. Mischiare le diversità porta a un arricchimento, e una società è realmente integrata solo quando ogni individuo può dare il suo contributo. L’integrazione è ben diversa dall’inclusione: includere può anche implicare l’esclusione di chi non si adatta.
La realtà è che ciò che definiamo "handicap" è spesso relativo al contesto. Ad esempio, potrei essere considerata "handicappata" in Africa se, a 82 anni, dovessi arrampicarmi su una palma per mangiare. In questo senso, l'integrazione significa trovare modi in cui le persone possano partecipare pienamente alla società. La natura non prevede la solitudine: siamo sempre in relazione, dal concepimento nel grembo materno, al rapporto di coppia, all'ambiente che ci circonda. L’isolamento, invece, è un’invenzione umana: essere messi in disparte, mandati fuori dalla porta o in prigione è disumano.

Il Dolore
Anche il dolore, come tutti gli opposti della natura, ha un contrappunto nel piacere. Senza dolore, non potremmo nemmeno sperimentare il piacere. In Sicilia si dice: "Ti voglio bene come una bella cagata." È un'espressione popolare che, in modo crudo, riconosce la necessità di affrontare le cose spiacevoli per apprezzare quelle belle.
Fino a circa 70 anni fa, si usava il termine "sgravarsi" per descrivere il parto, un termine che richiama l’idea di liberarsi di qualcosa che è giunto a maturazione, come un frutto che cade dall’albero. Da qui, l’idea della "gravidanza" come una "danza della leggerezza." Le arti, come la musica, la danza e la pittura, sono un modo per creare mondi alternativi che ci permettono di affrontare la gravità e il peso esistenziale della vita. L’arte ha una funzione transpersonale: riesce a creare leggerezza nei momenti difficili, trasformando la sofferenza in un’illusione.
Biologicamente, sappiamo che prima di essere maschio o femmina, siamo tutti “femminili.” Anche nel maschile, c’è una dimensione creativa, intuitiva ed emotiva che si può considerare femminile. L’equilibrio non si trova nella contrapposizione, ma nel gioco degli opposti, come suggerisce il simbolo Zen nella sua coesistenza.
La demonizzazione del dolore e la paura della sofferenza sono una forma di terrorismo culturale. La vita facile e priva di difficoltà è un’illusione che indebolisce la capacità umana di essere creativa e di trasformare il male in bene. È proprio attraverso le sfide e le sofferenze che l'uomo può dimostrare la sua forza creativa e la capacità di trasformazione.
Questo pensiero vissuto e profondamente poetico, ha portato alla nascita di questa disciplina( La Globalità dei Linguaggi) che è l’antitesi della globalizzazione di un pensiero che cerca di eliminare il caos, il male, e la diversità. In questa società molte persone è come se volessero dipingere tutto con una sola mano di vernice bianca o nera, cancellando qualsiasi sfumatura di colore.

La Tecnologia e il Diritto alla Follia
Un sistema che promuove l'asservimento e l'esercizio del potere diventa ancora più oppressivo quando la tecnologia alimenta un mercato che prevale sui sentimenti e sulle percezioni umane. Eppure, l’uomo sa sempre, in ogni momento della sua vita, cosa è bene e cosa è male, cosa è giusto e cosa è ingiusto. Trovare la libertà spesso significa anche rifiutare la realtà e creare un mondo alternativo, ciò che a volte viene chiamato follia. Già Erasmo da Rotterdam parlava dell’elogio della follia. Quando una persona non può andare avanti, può scegliere di andare indietro, di trasformarsi, magari agendo in modo completamente diverso da come era prima. Questo è un diritto alla follia che alcune società sembrano non voler concedere.
La follia, in realtà, è molto vicina all’arte: è un mondo alternativo rispetto a quello che offre la realtà comune. Nell’arte contemporanea, non esiste più il concetto di brutto e bello. Esiste piuttosto una funzione dell’arte come autoterapia e cura di sé. Prendersi cura di sé stessi e degli altri richiede ascolto e autoascolto. In una società dominata dalle leggi del mercato, dove tutto è veloce, usa e getta, ciò che si vive sulla pelle è incancellabile, anche se non arriva alla coscienza. L'inconscio si basa su quelle parti di noi che non possiamo ricordare della nostra vita prenatale, ma che racchiudono milioni di anni di evoluzione umana. È questo inconscio che ci permette, quando non possiamo andare avanti, di tornare indietro.
Il percorso dello sviluppo fetale è un concentrico, un processo che ricorda i mantra e i mandala. Visivamente, potremmo associarlo a una cupola, una piazza o un tavolo al centro di una sala da pranzo, con un centrino e un vaso di fiori. I fiori sono dispari, simboleggiando qualcosa che cresce verso l’alto. Freud diceva che "il mio corpo sono i miei simboli," un'espressione della nostra capacità di rappresentazione corporea attraverso le forme, i colori e i suoni. Queste sono metafore, e l'uomo è un essere che vive costantemente di metafore. Se le ascolta e le decodifica, può mantenere la propria umanità; altrimenti, la perde.
Non demonizzo la tecnologia: è parte della nostra epoca e non possiamo escluderla. Ma c'è una differenza tra possedere la tecnologia ed esserne posseduti. L’uomo ha un desiderio irrefrenabile di esplorare l’irraggiungibile, di scoprire e inventare. Tuttavia, questo desiderio deve essere bilanciato da un altro aspetto fondamentale: l'intelligenza percettiva, la capacità di percepire e sentire la realtà che ci circonda.
La prova della mancanza di questo equilibrio è la perdita di creatività, che si manifesta in comportamenti stereotipati e indotti. Un esempio è il fenomeno degli Hikikomori, che rappresentano un'induzione di questo tipo: essere attratti e posseduti da videogiochi e programmi televisivi pieni di sesso e violenza. Questo porta l'individuo a essere posseduto dalla tecnologia piuttosto che usarla come strumento per esplorare i propri bisogni reali e la propria immaginazione, fino a far prevalere una realtà virtuale su quella reale.
La comunicazione e l'espressione sono terapeutiche fanno bene; ci guidano verso una comprensione più profonda di noi stessi e degli altri. Questo riflette un paradosso delle moderne tecnologie, che spesso si presentano come strumenti di espressione e comunicazione, ma in realtà possono limitare la vera interazione umana e il senso di connessione autentica.

Un'altra Forma di Autismo
Esiste una forma di "autismo" che sembra emergere all'estremità opposta del tradizionale concetto di autismo: un essere umano completamente immerso nella logica e nella materialità, incapace di connettersi emotivamente o creativamente. Questa forma di distacco potrebbe essere considerata una delle forme di autismo più diffuse nelle società moderne, a differenza di comunità più isolate, come quelle dei villaggi sperduti in Amazzonia, dove questo tipo di "autismo" è inesistente.
Esaminando la storia antropologica, come negli studi di Marija Gimbutas, si nota che durante il matriarcato esisteva una comunità integrata dal grembo materno al sociale. Con l'avvento del patriarcato, l'uomo ha rivendicato il suo ruolo di guerriero e difensore del territorio, portando a una giustificazione della cultura violenta maschile rispetto a quella femminile, più accogliente e contenitiva.

Giorgio Guidi: dare Corpo alle Idee
Giorgio Guidi è un artista ricoverato in un centro per l'igiene mentale a Pesaro. Nonostante la sua storia di autolesionismo e crisi, Guidi ha trovato un modo per esprimere il suo mondo interiore attraverso il teatro e l'arte.
Guidi ha trasformato le sue esperienze dolorose in arte, creando maschere che rappresentano esseri compositi e surreali, una sorta di catarsi personale. Utilizzando materiali come le buste d'acqua per creare le sue opere, Guidi è riuscito a perdere la sua aggressività, trasformando la sua energia creativa in qualcosa di significativo. Questo processo dimostra il potere terapeutico dell'arte nel dare corpo alle idee e nel sdrammatizzare le paure e le ansie che altrimenti potrebbero rimanere represse.
Attraverso il suo esempio, emerge l'importanza dell'arte come mezzo per ripristinare la creatività umana, spesso soppressa dalla società con misurazioni rigide e soluzioni farmacologiche che possono ulteriormente alienare gli individui dalla loro vera natura creativa. La storia di Guidi mostra che l'essere umano ha il potere di creare mondi alternativi e significativi, persino nelle circostanze più difficili.
Guidi ha mostrato una straordinaria attitudine plastica nella sua arte. Da scultrice, sono rimasta affascinata dalla sua capacità di utilizzare materiali inusuali come le buste dell'acqua per creare maschere. Queste maschere rappresentano esseri ibridi, come maiali, uomini e creature composite, dimostrando una grande abilità nel raffigurare dettagli come le mani e i piedi. La sua arte non è solo una rappresentazione fisica ma anche un modo per dare corpo alle idee, comprese quelle più oscure o mostruose. Attraverso questo processo creativo, Giorgio è riuscito a canalizzare la sua aggressività e a trasformarla in qualcosa di costruttivo. Ha persino sviluppato un metodo personale per costruire le maschere.
Oggi, Giorgio va nelle scuole dell'infanzia per insegnare ai bambini a fare maschere e partecipa a un gruppo teatrale con la sua cooperativa. Vive in una casa famiglia e ha ridotto notevolmente l'assunzione di farmaci, che in passato erano una costante nella sua vita. Questa è una testimonianza del potere trasformativo dell'arte, che aiuta a dare forma alle idee e a sdrammatizzare le paure e le ansie, un processo che risale ai primi esseri umani che imitavano le prede per prepararsi alla caccia. Simulare la gazzella non è nient'altro che un modo per vincere sulla gazzella, ed è la dimostrazione di quanto l'espressione creativa umana fondamentale.
Giorgio ha anche realizzato un’opera toccante dedicata al suo compagno di stanza deceduto, un'opera che mostra quanto sia importante mantenere viva la memoria dell'altro. Ha creato una figura androgina, sia maschile che femminile, che rappresenta il ricordo del suo compagno, utilizzando meticolosamente buste di carta e nastro adesivo per dare vita a tutti i dettagli del corpo. Questa creazione è rimasta sul letto del compagno per tre mesi, dimostrando un impegno profondo e personale nel processo di elaborazione del lutto, ben oltre le spiegazioni convenzionali.
L'opera di Giorgio Guidi dimostra il potenziale umano di espressione e memoria, sfidando le nozioni tradizionali di "normalità" e "follia". Esistono molteplici testimonianze di questa ricca espressività nelle persone che vengono spesso etichettate come "matti". Invece di affrontare la "pericolosità" di queste persone, la società dovrebbe considerare il loro diritto alla follia come una forma legittima di espressione umana.
L’esperienza di Giorgio evidenzia l’importanza di recuperare un approccio umano e creativo verso il disagio psichico, piuttosto che ricorrere a nuove forme di "camicie di forza" farmacologiche che iniziano fin dall'infanzia. Il percorso di Giorgio e altri come lui ci mostra che, invece di cercare di difendere la società dalla "pericolosità" dei cosiddetti folli, potremmo imparare molto dalla loro capacità di esprimere il mondo interiore attraverso l'arte.

Pratiche Disumane
Non voglio fare dell’allarme ingiustificato, ma voglio affrontare un dato di fatto: ci sono ancora pratiche come l'elettroshock che vengono utilizzate, e non parlo di pochi casi isolati. L'elettroshock ha effetti collaterali devastanti, come la perdita dei denti, ma questo è solo uno degli aspetti. Pensiamo al trauma psicologico della scarica elettrica: il sogno indotto dall'elettroshock non è un sogno piacevole, ma un incubo creato dalle esperienze impresse sulla pelle e nella mente del paziente. Nonostante gli sforzi e la dedizione di figure come Basaglia e Antonucci, e di tanti altri che hanno lottato per umanizzare la psichiatria, queste pratiche disumanizzanti continuano.
Ci tengo particolarmente a menzionare Antonucci, un esempio di chi si è impegnato con dedizione e ha dimostrato che l'essere umano non è infelice perché "handicappato" o diverso, ma diventa infelice se viene reso tale dagli altri. Quando Levi scrive "Se questo è un uomo", riflette sull'idea che se l'essere umano viene privato della propria identità, della propria dignità morale e culturale, come è accaduto durante il nazismo, perde la sua umanità. Tuttavia, l'uomo ha un potere straordinario: quello di creare mondi immaginari anche in situazioni in cui la realtà gli nega la possibilità di vivere una vita degna.
Questo ci porta a riflettere sul valore dell’essere umano anche nei comportamenti che vengono etichettati come "insensati" o "folli". Piuttosto che curare e accogliere, spesso si opta per difendersi da ciò che non si comprende, alimentando una cultura del sospetto. Questo non fa altro che rinforzare la paura dell'altro, che spesso si traduce in atti di violenza, come i femminicidi, e in dinamiche di potere e controllo. In questa prospettiva, possiamo vedere come l’essere umano sia la categoria più vulnerabile, sin dall’inizio della sua esistenza.

L'Inclusività della Condivisione
Quello che spero di aver trasmesso è una panoramica sulla necessità di portare avanti progetti che abbiano come obiettivo il diritto di ogni persona ad essere se stessa. Siamo passati dai secoli della negazione dell’umanità, dalla Rupe Tarpea, al riconoscimento dei diritti all’integrazione, anche se siamo ancora lontani dall’obiettivo. Assistiamo a un ritorno di classi speciali e forme di esclusione, mentre ancora non si comprende che una società inclusiva, ricca di diversità, è una società più creativa e forte.
Anche l'invecchiamento, ad esempio, viene visto come un problema. Per molti diventa un peso insopportabile e spesso il pensiero è: "Meglio non pesare su nessuno, preferisco farla finita". Questo dimostra quanto ancora siamo lontani dal costruire una comunità veramente inclusiva e accogliente, dove la diversità non è vista come un problema, ma come una risorsa.
Voglio chiudere questa riflessione con una nota sulla ricchezza che abbiamo quando siamo capaci di scambio, di ascolto reciproco e di accettazione. Ogni incontro, ogni dialogo, ogni lettura ci arricchisce, e per questo vi ringrazio per l'attenzione. Abbiamo tanta ricchezza da condividere ed è questo che fa davvero la differenza.

di Stefania Guerra Lisi e Davide Ravo


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