Il Modello Anima

È interessante come il calcio può essere la metafora di una società: un gruppo di persone che se si comprendono e si capiscono tutto funziona meglio.
Jean Paul Sartre diceva che il calcio è la metafora della vita.
Calcio non è solo corsa, le squadre recepiscono anche quello che arriva a livello emotivo nel contesto in cui si vive. Qualsiasi individuo recepisce quello che succede nel contesto in cui vive ed è una cosa fondamentale. La squadra è un organismo. Noi diciamo che la squadra è un organismo vivente.
Avevo un'idea non bella dell'ambiente calcistico: per me era abbastanza un covo di ignoranza. Quando è maturata l'idea di fare l'allenatore mi sono detto: ”Se devo rientrare rientro portando qualcosa di nuovo ai ragazzi che allenerò, che vada oltre il calcio”.
Non è solo calcio ma facciamo anche un discorso di qualità umana. Per il primo anno abbiamo letto libri, incominciavo a leggere poesie, facevo ascoltare le canzoni poi chiedevo cosa ne pensavano. Siamo andati in un terreno in cui c'è stato uno scambio e questo scambio ha portato alla costruzione di un gruppo.
In un discorso pre-partita ho utilizzato la famosa terzina del canto XXVI dell'Inferno di Dante: “ Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”. Dante lo fa dire ad Ulisse per spronare i suoi a superare le Colonne d'Ercole. Ho detto ai ragazzi: “Anche noi dobbiamo andare a cercare qualcosa che va oltre le nostre Colonne d'Ercole. I nostri limiti. Oggi abbiamo una squadra che probabilmente è più forte di noi. Sulla carta. Ma bisogna vedere se lo è poi realmente”. I ragazzi sono andati fuori e hanno vinto la partita.
Un altro esempio (per far capire come noi interagiamo anche con quello che succede nella società): Thomas Sankara. Ho fatto vedere i ragazzi il suo documentario per far comprendere meglio le condizioni in cui vivono i popoli africani. Un mio ragazzo ha fatto un lavoro al liceo classico dove ha parlato di Thomas Sankara. I genitori di questo ragazzo sono arrivati, mi hanno detto: “Grazie, hai fatto conoscere questo personaggio a mio figlio. Anche noi non lo conoscevamo, l'abbiamo conosciuto e ci ha fatto piacere vedere questo tipo di strada”. Concretamente sul campo mettiamo tante cose. Abbiamo una conoscenza tecnico tattica di tutto rispetto. Però non è quella che a noi interessa di più, a noi interessa costruire delle menti libere, la base è ottenere menti libere. Loro sono autorizzati a pensare in libertà. Anche calcisticamente parlando noi diciamo sempre loro: ” Non saremo noi a darvi la risposta, ma sarete voi stessi a trovarla lungo il percorso”. Ovvero mettere sul campo valori umani, etici, morali, che possano creare un terreno culturale comune. Ecco, quello che noi cerchiamo è una base culturale comune che ci permetta di andare a costruire poi l'identità di squadra.
In un calcio che vuole vincere questo Modello Anima si pone come formazione culturale nei ragazzi che si ha a disposizione, considerando il valore di ognuno e la diversità che c'è in ognuno dei tuoi ragazzi.
Il lavoro di un coach è un lavoro che prende spunto non tanto dal comparto psicologico ma più da quello filosofico. Il coach cerca di tirare fuori dal suo “allievo” quello a cui vuole arrivare. Un po' come lo stile della Maieutica Socratica. Non era lui a dare la spiegazione, ma era l'allievo che doveva arrivarci attraverso le domande. E noi con i nostri ragazzi facciamo proprio così. Noi non diamo soluzioni perché le soluzioni sono migliaia. Noi diamo degli ingredienti, facciamo delle domande e cerchiamo di far arrivare i nostri ragazzi alle soluzioni sia tecniche, sia umane, sia di vita.
Il calcio è uno sport multifunzionale. Quando c'è una situazione di campo noi non diciamo mai “devi fare così”. Noi chiediamo cosa hai fatto? Cosa potevi fare?
L'importante è che loro incomincino a lavorare e a pensare di arrivare a delle soluzioni. In questo modo si fa' calcio ma allo stesso tempo anche altro. Le cose sono collegate.
Il Modello Anima è un modello di gestione delle risorse umane che permette all'allenatore, agli addetti ai lavori, di sentire proprio un ulteriore profondità, una tridimensionalità, una dimensione in più. Certi commenti che mi porto dietro quando li rileggo mi fanno commuovere. Il capitano che mi dice “ Mister, io forse non sono stato il capitano che volevi tu per la tua squadra ma lo sono stato poi dopo per la vita grazie al percorso fatto insieme”. Questo trasporto emotivo, questo essere insieme, questo capire che c'è un discorso di comunità, di fratellanza, ti permette di andare a fare quel pezzo di strada in più. Il coraggio di andare oltre.
Percepire che da parte di questi ragazzi c'è comunque un affetto e una stima che resta negli anni ha un valore inestimabile. Cos'è una vittoria rispetto a queste emozioni? Le emozioni non hanno prezzo, non c'è prezzo, non c'è soldo, non c'è cosa che ti faccia stare bene come un'emozione positiva. Quindi quando tu vivi certe emozioni, cosa ne vuoi di più? Quando tu metti insieme nella tua vita 50 cose così sei una persona ricca, ricchissima.
Un progetto di questo genere nel calcio di categoria sarebbe veramente interessante vederlo, perché significherebbe portare sensibilità e rivoluzione e sarebbe bello che tutta la società si spostasse verso questa conoscenza.
L'approccio umanistico funziona anche negli sport di altissima performance, ci sono esempi nell'NBA: Phil Jackson e i Chicago Bulls sono uno uno degli esempi. Coach Doc Rivers, che ha parlato del concetto di Ubuntu. Ubuntu è una filosofia africana, una filosofia di vita che si basa sull'umanità attraverso gli altri. Funziona perché tu porti un'energia diversa, un'energia in più, un credo diverso che magari in altri posti non c'è. Porti uno spirito di collaborazione, di condivisione che servirebbe per tutta la società perché avessimo una società che collabora di più avremmo tantissime cose in più e tanti problemi in meno. Ottieni più risultati perché tu porti un'idea di luce all'interno.
Attenzione, non è tutto oro quello che luccica. Le squadre che noi alleniamo vanno in difficoltà perché i ragazzi non sono abituati ad avere persone che ti stimolano così tanto e ti fanno lavorare così tanto. Quindi comunque c'è sempre un momento di rigetto. Non è per tutti e non tutti i ragazzi che iniziano con noi finiscono con noi. La squadra ha una sua evoluzione, c'è sempre un momento di difficoltà dove tu vedi la squadra e ti sembra che non siano capaci a fare niente.
C'è quel momento di confusione, di caos. Questo momento nell'approccio sistemico c'è sempre. Perché tu lavori al confine del caos. Non metti troppo ordine perché troppo ordine crea abitudini troppo meccaniche quindi devi stare sempre sul confine del caos. Devono essere loro a mettere l'ordine. E poi arriva anche quel momento: c'è una partita di solito dove incominciano a fare tutto quello che tu hai provato e che non erano mai riusciti a fare: come una magia iniziano a farlo.
Poi in seguito avranno prestazioni più alte e più basse ma da lì in poi entrano nel sistema e incominciano a ragionare con quel sistema lì. E sono loro che ragionano, non siamo noi che ragioniamo.
Questa ”non-tecnica” è una cosa istintiva che passa attraverso la percezione e dovremmo acquisirla anche nella società perché se riusciamo a surfare col caos si possono aprire delle porte che finora sono rimaste chiuse. E sarebbe veramente un peccato continuassero a rimanere chiuse perché lì c'è la preziosità che ci manca veramente. Questa crisi economica di cui si parla da secoli ormai c'è perché manca quella roba lì, quella preziosità lì che non è economia, è qualcos'altro.
Sono abbastanza allergico a tutto quello che sono gli stereotipi. Io non accetto quando uno mi dice “Si è sempre fatto così, si fa così” Non esiste non esplorare. E chi è che esplora? Il folle! Perché l'altro si ferma prima. I folli sono sono quelli che vedono quello che i normali non riescono neanche ad immaginare. Se riesco ad immaginare una cosa provo anche a metterla in pratica. Perché pensare che c'è qualcosa che è impossibile da fare? Troviamo il modo di farla, magari poi punti lassù e non arrivi lassù, arriverai leggermente sotto, ma se io punto lì sotto, lassù non ci arriverò mai.
L'utopia è un modo semplice per non scomodarsi troppo.
Una volta si vedeva l'orizzonte del mare e si pensava che oltre quello non ci fosse nulla. Se continuiamo a pensare che oltre quello non c'è nulla, nessuno va mai in quel nulla. Se mi piace fare una cosa cerco di capire come riuscire a farla senza pormi limiti: questa cosa mi appassiona, mi interessa e quindi mi butto sopra. Alla fine a forza di spostare caselle la trovi una via che ti permette di fare quella cosa. Io vivo di emozione, mi piace far star bene gli altri. Quando riesco a far star bene una persona mi ritorna qualcosa che non ha prezzo. La fiducia in realtà è un'economia nascosta che crea tanto, potrebbe creare tantissima ricchezza, una ricchezza infinita e non si muove col soldo, si muove con le proprie passioni, dando a qualcuno e aspettando che ritorni.
Quando tu cerchi una strada, non puoi cercarla lasciando indietro quello che sei. Devi arrivare a quello che vuoi mai lasciando andare quello che sei. E questo è importante perché se no perdi la strada, perché se no per diventare quello che vuoi passi a essere quello che non sei. E a quel punto ti ritrovi quello che non vuoi, quello che non vorresti.
Inniettare questo virus positivo del Modello Anima nello sport di categoria avrebbe un significato enorme. Milioni di persone seguono lo sport. Potrebbe coinvolgere un'intera popolazione dall'ignoranza in cui si trova. Ragazzi attorniati da narcisismo, vendetta, guerra, violenza, becera competizione, si potrebbero ritrovare in questa bellissima isola. La cosa affascinante è che il Modello Anima si può trasferire in qualsiasi campo.

di Luca Contiero, Davide Ravo, Paolo Robino

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Il Modello Anima - Luca Contiero